Immagine: Ren脙漏e Nault
LE PERSONE USATO ANDARE ANALIZZARE, CERCARE, GUARDARE per sorprese al Cloud Room, il bar attico definitivo in una città che ha molti attici ma troppo pochi bar, e il posto migliore della città per avvistare le stelle. La Cloud Room era in cima al Camlin Hotel, la sbrindellata ma impavida grande dame che si ergeva all’angolo dei gattini del Paramount Theatre. O meglio, sta in piedi, ma in forma tristemente alterata; cinque anni fa una catena di resort in multiproprietà ha acquistato il Camlin, ha cacciato il pubblico in generale e ha convertito la Cloud Room in quattro suite attico.
Qualsiasi persona in multiproprietà che soggiorna in quelle suite potrebbe ricevere un’affascinante compagnia spettrale. La Cloud Room serviva come una sorta di stanza verde fuori sede e club dopo lo spettacolo per la Paramount, il che ne fece una calamita anche per altri tipi di mondo dello spettacolo. Sinatra e Dino, Dizzy e Miles, Elvis Presley ed Elvis Costello, Bonnie Raitt e John Lee Hooker si sono tutti fermati, così come innumerevoli altre leggende viventi e luci minori. Alcuni di loro si avvicinavano furtivamente alla buca del pianoforte dove Martin Ross, un classico pianista, suonava ogni standard di cornball da “Melancholy Baby” a, beh, “Piano Man”. Una voce falsa ma eloquente diceva anche che Michelle Pfeiffer avesse lasciato segni di bruciature quando si contorceva e tubava sullo stesso pianoforte in I favolosi Baker Boys. L’altro Elvis (Costello) ha intrattenuto lì una festa privata (la sua).
Non ho mai spiato questi o altri glitterati in giro alla Cloud Room. Poi di nuovo, non li ho mai cercati. Ho solo pensato che fosse un bel posto per bere qualcosa. Ma i fulmini colpiscono quando meno te lo aspetti. Una sera presto, pochi anni prima della sua chiusura, quando il bar era ancora semivuoto, Ross iniziò a battere una melodia che era del tutto familiare anche se non faceva parte del repertorio standard dei pianisti. Daa-daa-da-da-da-daa-da-da-daaserpeggiava attraverso i bicchieri tintinnanti e le chiacchiere da cocktail, maestoso, languido e malinconico: JS Bach’ss Aria sulla corda G,meglio conosciuta dalla maggior parte di noi come le battute di apertura di “A Whiter Shade of Pale” di Procol Harum.
E poi la voce cominciò: “Abbiamo saltato il fandango leggero, abbiamo fatto girare le ruote attraverso la stanza?” I bicchieri e le chiacchiere tacquero. La voce era sussurrata, roca, acuta, così piena di dolore e desiderio che minacciava di esplodere e portare con sé la stanza. Con tutto il rispetto per la bella interpretazione originale di Gary Brooker, questa voce possedeva quella canzone per il momento. E per quel momento il testo criptico di Keith Reid – “Una delle 16 vestali che stavano partendo per la costa, e anche se i miei occhi erano aperti avrebbero potuto benissimo essere stati chiusi” – sembrava avere perfettamente senso.
Sembrava che Janis Joplin canalizzasse Billie Holiday, incanalata da lui? Qualcuno che era qui per cantare, per non essere visto. Una sagoma informe con una camicia bianca, un paralume bianco sormontato da uno straccio nero, si curvò accanto a Ross, di nuovo nella stanza, così bassa che quasi si sciolse sotto il pianoforte. Ha finito la canzone ma non si è girata. L’intera stanza rimase in silenzio, a parte qualche sussulto. «Signore e signori, signorina Ann Wilson», disse Ross a bassa voce.
Non sono mai stato un grande fan degli Heart, ma non avevi bisogno di comprare i loro dischi per accontentarti di “Barracuda”, “Crazy on You”, “The Dog and Butterfly”; per alcuni anni alla fine degli anni ’70, poco prima di trasferirmi a Seattle, non potevi sfuggirgli se ci provavi. Ho dovuto ammirare a malincuore il mix barocco di raffinatezza e cruda intensità delle sorelle Wilson, il loro coraggio di battere le boy band dai capelli grossi al loro stesso gioco. Sì, Nancy ha brandito un’ascia cattiva e Ann aveva una voce diabolica. Ma quella voce non mi è mai arrivata, fino a quella sera.
Quindi grazie, Cloud Room, per essere durato così a lungo. E grazie, signorina Ann Wilson, per essere rimasta ferma e per esservi avvicinata di soppiatto per scuotere i nostri cuori ignari.